RAFFAELLA SILVESTRI - IL MIO PEZZO SUL CONCERTO DI EMMA

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Raffaella Silvestri - Il mio pezzo sul concerto di Emma

Ci sono due cose che rimangono con me dal concerto di ieri.  O meglio, ci sono tante, infinite cose che mi hanno colpito di un evento a cui il pubblico non ha solo assistito, ma ha partecipato come se quella persona sul palco la conoscesse, come se tutti i presenti, uno ad uno, conoscessero non solo le sue canzoni ma conoscessero lei: Emma. Eppure le cose che mi hanno in qualche modo toccato da vicino, più delle altre, sono due, e spiccano chiaramente in questa mattina di Luglio, mentre il treno verso casa attraversa le colline toscane.  La prima. Emma che prende il microfono - emozionata, seria, grata - e per annunciare la sua guest star internazionale dice più o meno queste parole: "Se vieni da un talent o se vieni da una cantina, all'estero non importa, e quindi sono felice di avere con me questa sera Rufus Wainwright". Ora, Emma è "uscita" da un talent (come se fosse un posto, per l'esattezza il luogo del peccato) molti anni e vari dischi fa, e ancora, evidentemente, ne sconta il pregiudizio. Io, da un talent, ne sono appena uscita, e il mio primo romanzo La Distanza Da Helsinki ha ben stampata come prima lettera la lettera scarlatta della televisione. Come se fosse meno nobile, "uscire da un talent", come se fosse più facile, stare con le telecamere puntate addosso per mesi mentre cerchi di fare quello che sai fare meglio, al meglio delle tue capacità, giudicata e criticata. Come se la via vecchia fosse sempre la migliore. Ho sentito questa muta protesta nelle parole di Emma, che pure è ormai consacrata nel panorama della musica italiana, è brava, e quando le chiedi a che punto è della sua carriera, si sente di dire che è ancora solo all'inizio. In un certo senso è vero. Dopo Schiena, dopo questo splendido concerto - e i quattordici elementi di orchestra, e tutte quelle cose tecniche di cui non ho la competenza per discutere - è chiaro che ci si aspetta molto da lei in futuro. Ci si aspetta una serie di quegli album di cui ti fidi, di quelli che sai già che saranno diversi ma nel suo stile, sai che sentirai un giorno l'anticipo del nuovo singolo alla radio, ti fermerai, e lo comprerai su iTunes. La seconda cosa che mi ha colpito è allo stesso tempo molto collettiva ed estremamente personale. Io stavo lì, nella piazza di Lucca, in una delle tante belle piazze italiane che non conoscevo - i colori aranciati del tardo pomeriggio d'estate, il mio telefono per scattare foto e il mio account Twitter per stare sola eppure connessa col mondo. E poi sento le note lente di Hallelujah, provata dall'inizio alla fine un paio di volte, e quelle note suonano mi colpiscono inaspettate (sono a un concerto di Emma Marrone, non ho visto la scaletta e non ero preparata) perché sono le stesse note che hanno ispirato un capitolo del mio romanzo a cui mi sento ancora molto legata: una pagina che ne cita il testo quasi integralmente mentre il mio protagonista le suona al pianoforte. Ed è stato lì, tutto insieme, il personale e il collettivo, la mia amica Carolina che mi raggiunge e lo sente anche lei, ancora prima di salutarmi, che c'è qualcosa di speciale nell'aria, per me, per lei e per tutti quelli che sono lì, ore prima del concerto, ad aspettare che arrivi Emma e dia voce ai suoi testi e a quel testo stupendo e senza tempo. And I've seen your flag on the marble arch, And love is not a victory march, it's a cold and it's a broken Hallelujah.