Sono tanti i muri che hanno segnato e continuano a segnare il corso della Storia ma ce n’è solo uno che ha cambiato il mondo della musica: The Wall, uscito nel 1979, è qualcosa di più di un album, è un manifesto, una dichiarazione, un complesso viaggio introspettivo, un simbolo dai mille significati e dalle infinite interpretazioni possibili. Roger Waters porta in scena la più personale e autobiografica delle opere dei Pink Floyd in quello che, per farla breve, The Times ha definito “il più grande evento della storia del rock”. Oltre quarantamila persone, suddivise in almeno tre diverse generazioni, hanno avuto modo di viverlo a Roma, nello Stadio Olimpico che accoglie la versione mastodontica di quel lunghissimo tour dapprima presentato nei palazzetti e poi fatto deflagrare nella grandiosità negli stadi. Mentre il doppio album del 1979 viene riproposto interamente in due tempi, il Muro, inquietante coprotagonista dello spettacolo, si costruisce piano piano, fino a nascondere completamente Roger e la sua band di dodici elementi. Questa cortina, larga centocinquanta metri e alta dodici, non è semplice elemento scenografico, è uno schermo, è un’immensa base per proiezioni e giochi ottici, è protezione ed è nemico. Gli spettatori restano sbalorditi di fronte a questo stupefacente e complessissimo evento che mescola la leggendaria musica dei Pink Floyd con teatro, cinema, installazione, invenzione infinita, un meccanismo tecnico e tecnologico sopraffino reso impeccabile e solido da una colossale produzione. Roger Waters è il maestro, regista e protagonista di una messa in scena portentosa e il pubblico lo sa e si lascia trasportare con piena fiducia in questa epopea sinfonica di oltre due ore in cui caccia militari si schiantano sul Muro, giganteschi pupazzi deformi dell’immaginario floydiano danzano e giudicano ed enormi maiali aerostatici volteggiano minacciosi sulla folla carichi di simboli decadenti. La potenza emotiva e visiva è devastante, la carica sovversiva e antimilitarista immutata; opposizione alla guerra, quella vera e quella simbolica, declinata nelle battaglie che ognuno affronta nella propria esistenza. L’epica sonora è quella di brani assoluti, come l’iconico coro di bambini su “Another Brick in the Wall (Part 2)”, l’assolo di “Comfortably Numb” e ancora “Hey You”, “Mother” fino a “Outside the Wall” a liberarci dalla costrizione di quel claustrofobico Muro costruito con i mattoni della leggenda.